La Corte di Cassazione nella recentissima sentenza 15 luglio 2014, n. 16133 emessa in riferimento ad una controversia inerente l’illecito trattamento di dati personali effettuato ad opera di un’Università ha definito quanto segue:
Il fatto che per gli enti pubblici non sia necessario il consenso dell’interessato per il trattamento dei dati nell’ambito delle finalità istituzionali non esclude che questo debba comunque essere effettuato in modo lecito e corretto nel rispetto dei principi di proporzionalità o non eccedenza rispetto alle finalità proprie anche laddove i dati provengano da pubblici registri, elenchi, atti o documenti già conoscibili da chiunque. Il danno non patrimoniale risarcibile ai sensi del codice della privacy, inoltre, non si sottrae alla verifica di “gravità della lesione” e di “serietà del danno” che, in linea generale, si richiede in applicazione dell’articolo 2059 c.c., nelle ipotesi di pregiudizio inferto ai diritti inviolabili previsti in Costituzione.
La Cassazione ha avuto modo di sottolineare come “i principi relativi alle modalità di trattamento ed ai requisiti dei dati, recati dal Decreto Legislativo
n. 196 del 2003, articolo 11, – e che si compendiano in quelli di proporzionalità, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati
stessi sono raccolti – hanno carattere generale, nel senso che trovano applicazione in riferimento a tutti i trattamenti, pubblici e privati, segnando i
confini di liceità degli stessi”.