L’Autorità Garante per la privacy: “Prassi intollerabile”
Antonello Soro, presidente dell’Autorità Garante per la privacy commenta duramente le dichiarazioni di Vodafone :«Non è tollerabile che i governi svolgano un’opera di sorveglianza così massiva, generalizzata ed indiscriminata come quella rivelata dal Rapporto Vodafone. Così come non è accettabile che i governi accedano direttamente alle telefonate dei cittadini, al di fuori delle garanzie previste dalla legge e senza un provvedimento della magistratura. E questo vale innanzitutto per i Paesi europei dove vige un ordinamento rispettoso dei diritti fondamentali delle persone». «Quello che a partire dal Datagate sta emergendo a livello globale – sottolinea Soro – è l’assoluta necessità di ripensare e riequilibrare il rapporto tra sicurezza e privacy, spostando il baricentro nella direzione della difesa del diritto al rispetto della persona e quindi della sua libertà e della sua dignità».
«Va riaffermata l’idea che il rispetto dei diritti fondamentali debba ancora essere una delle principali discriminanti tra i regimi democratici e quelli illiberali. Non si può in alcun modo giustificare – conclude il Garante Privacy – la pretesa di proteggere la democrazia attraverso la compressione delle liberta dei cittadini perché in questo modo si rischia di calpestare l’essenza stessa del bene che si vuole difendere».
Dopo oltre un anno, Vodafone conferma il proprio coinvolgimento nello scandalo Datagate, confermando anche il controllo degli utenti da parte dei governi. La compagnia telefonica ha presentato una una vera e propria dichiarazione ufficiale in merito agli accessi ai dati degli Utenti. Il report ufficiale, disponibile e scaricabile sul sito web di Vodafone, mostra come i governi di varie nazioni abbiano acquisito informazioni sui cittadini attraverso l’azienda.
Per quanto riguarda l’Italia, anch’essa è coinvolta nello scandalo, solo nel 2013 sarebbero oltre 605.000 richieste di accesso ai dati personali degli utenti – contro le sole tre del governo francese, le 99mila circa della Tanzania, le 76mila dell’Ungheria, le 49mila della Spagna e le 6mila dell’Albania – in particolare ai metadata che vengono salvati da Vodafone per ogni singolo cliente. Molto alto anche il numero delle richieste per intercettazioni legali, che per il 2012 è complessivamente (tutti gli operatori) pari a 140.557. Nel Regno Unito, per citare una Nazione ad esempio, le richieste di questo genere sono state 2.760 nel corso del 2013.
Vodafone ha deciso di fornire questi dai in quando in alcuni stati i Governi possono accedere ai dati degli utenti senza nemmeno presentare una richiesta formale o il classico “mandato”. Situazione che non tiene assolutamente conto della privacy dell’utente. Vodafone ha deciso di fare il primo passo per sistemare la situazione.
“E’ veramente importante avere regole che blocchino questo ricorso massiccio alle intercettazioni. Quando si tratta di una normale azione di polizia, non di una situazione di emergenza, bisognerebbe usare le pinze, non l’aspirapolvere“, ha detto la commissaria alla giustizia, Viviane Reding. Quando si tratta di sicurezza nazionale, ha ricordato il commissario, “l’Ue non ha poteri. Bisogna però avere una legge e un giudice che autorizza ad accedere a dati personali“… “L’accesso ai dati dovrebbe essere sempre regolato da leggi chiare e garanzie giudiziarie. Non ci dovrebbe essere un accesso non regolamentato, diretto, automatico e di massa ai dati dei cittadini posseduti da società private da parte delle autorità, ma solo laddove vi fosse un chiaro sospetto. E non con un aspirapolvere, ma con le pinzette”. Per Reding “la situazione attuale è anche un male per gli affari. Le aziende hanno bisogno di certezza del diritto e della fiducia dei loro clienti“.
Focus: Intercettazioni